La stalla è il primo ambiente da visitare nel MOOM. Posta vicino al cortile di ingresso, il locale era utilizzato per far alimentare e riposare i muli tra una lavorazione ed un’altra. I muli, utilizzati per far girare la macina si alternavano al fine di permettere una lavorazione 24 ore su 24, pertanto quando uno di loro si stancava doveva essere presente il sostituto, ormai sfamato e riposato.
Nella stanza della macina venivano portate le olive per dare inizio al processo di estrazione dell’olio. Queste infatti portate a mano, o in epoca successiva fatte cadere direttamente dal piano superiore per mezzo di una piccola fessura e una guida in legno, erano sottoposte allo schiacciamento della molazza. Probabilmente quella che vediamo oggi nel museo, rappresenta l’evoluzione di una macina a ruota singola. Nel tempo, infatti, si era visto come l’utilizzo di più ruote (2, 3 o addirittura 4), poste a distanze differenti dall’asse centrale, permettevano una maggiore velocità di lavorazione. L’utilizzo delle macine, oggi movimentate a motore e realizzate in acciaio per uso alimentare, è ancora presente nei moderni frantoi.
La grande sala centrale era il cuore del frantoio. Zona di continuo susseguirsi di differenti operazioni. La pasta di olive, infatti, proveniente dalla macina doveva essere inserita all’interno dei fiscoli (dischi in fibra vegetale con un’apertura al centro per poter inserire la pasta delle olive). Questa operazione avveniva su una base di pietra leggermente inclinata per permettere di raccogliere l’eventuale liquido (miscela di acqua e olio) che percolava dalla pasta di olive appena prodotta. Una volta riempiti i fiscoli questi erano posti sotto i torchi di legno i quali, con la base in pietra e spesso inseriti all’interno della muratura o incavati nelle pareti, permettevano l’impilamento di una grande quantità di fiscoli pieni. Il liquido che fuoriusciva veniva raccolto in piccoli pozzetti posti al di sotto della base dei torchi. Qui, in base alla quantità di lavoro da svolgere, veniva lasciato per permettere l’affioramento dell’olio o veniva immediatamente trasferito in vasche di maggiore dimensione permettendo una successiva fase di separazione. In questa sala, scavati nelle pareti laterali, si possono osservare anche i vecchi olivai, spazi adibiti alla conservazione delle olive prima della molitura. Probabilmente alcuni di essi erano anche utilizzati per lo stoccaggio delle sanse, una volta finita l’estrazione.
Le vasche di affioramento sono state scoperte durante i lavori di ristrutturazione, e sono poste nella parte più bassa del frantoio ipogeo. La miscela di acqua e olio proveniente dalla pressione della pasta di olive, veniva versata all’interno delle vasche, tutte comunicanti tra loro, per aspettare che l’olio affiorasse grazie al suo minore peso specifico rispetto all’acqua. Il livello di riempimento delle vasche poteva quindi essere diminuito in due modi: tagliando l’olio dalla parte superficiale o togliendo un tappo che permetteva il passaggio dell’acqua, posta nello strato inferiore, dalle vasche al pozzo. Inizialmente considerati olivai, attualmente l’ipotesi delle vasche di affioramento sembra essere la più plausibile.
Il giaciglio del frantoiano era la zona adibita al riposo delle 4-5 persone che si alternavano nelle differenti lavorazioni e potevano a turno addormentarsi sopra una lettiga in pietra “ammorbidita” dalla presenza di paglia. Gli operatori del frantoio potevano inoltre lavarsi e dissetarsi grazie alla presenza del pozzo nel quale veniva recuperata l’acqua piovana.
L’olivaio superiore, la sala al piano superiore del frantoio, è stato sicuramente realizzato tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, ed era destinato a deposito delle olive. Tale costruzione si rese necessaria in seguito all’aumento del numero di presse nel frantoio, per incrementare anche la capacità di stoccaggio della materia prima. Un’apertura nel pavimento permetteva di far cadere, direttamente nella macina, le olive destinate alla lavorazione. Attualmente, questa sala è stata adibita a degustazioni di prodotti tipici, tra cui chiaramente quella degli oli extravergine di oliva della Basilicata.